Buste di Plastica a Pagamento: tra Verità e Bufale

Qualche giorno fa, come ben tutti ormai sappiamo, è stato applicato un costo ben visibile sullo scontrino, per l’acquisto di buste ultraleggere per frutta e verdura, con tanto riscontro nella rabbia esplosiva da parte di una fetta consistente di consumatori.

C’è da dire che non tutto è male in questa riforma, e che molte bugie e pettegolezzi infondati stanno circolando in merito alla faccenda, a volte a braccetto con un fondo di verità. Parleremo quindi di cosa sia vero e cosa no.

Il prezzo

C’è chi ha davvero voluto esagerare, parlando di ben 10 centesimi al pezzo. Il così detto “shopper”, la classica busta di plastica bianca, anch’essa biodegradabile, per il trasporto di merci e riutilizzabile, costa 10 centesimi. Sarebbe assurdo far pagare così tanto per la più umile “busta orto”, così piccola, fragile e monouso.

Le buste di plastica per frutta e verdura hanno un prezzo che si aggira tra gli 1 e i 3 centesimi. Non di più. Questo range è dovuto al fatto che ogni supermercato può decidere il prezzo, purché non vada oltre i 3 centesimi. Alcune catene, come Eurospin, hanno deciso di adottare il prezzo più basso, altri invece, come Carrefour, hanno deciso di adottare il prezzo pieno, mentre la maggior parte, come molte Coop, Lidl e Auchan, si sono tenuti nel mezzo.

Si stima che un italiano in media usi 200 buste all’anno, per un costo minimo di 2 € e massimo di 6 € annui.

Una famiglia però potrebbe anche arrivare fino a 15 € annui (500 buste all’anno o 1,37 al giorno).

E’ bene comunque notare che il prezzo delle buste era precedentemente incluso nei prodotti regolando il prezzo di questi ultimi di conseguenza, per cui non è esatto dire che le buste erano gratuite.

“Questa legge serve per avvantaggiare l’amica di Renzi”

Ultimamente sta girando una catena fake-news su WhatsApp; il testo suggerisce che Renzi abbia creato la legge per aiutare una sua amica perché produce dette buste. Il caso ha voluto infatti che qualcuno si ricordasse di come Catia Bastioli, CEO della Novamont, leader italiano nel settore, abbia partecipato 5 anni fa a una Leopolda di Renzi. Non sappiamo se tale amicizia esista veramente, ma collegarlo con questa legge è a dir poco esagerato: esistono infatti circa 150 aziende che producono i sacchetti di plastica che utilizziamo ogni giorno, e pensare che l’intero Parlamento si sia messo d’accordo per fare un favore a Matteo Renzi, al suo partito o ad una ipotetica amica/simpatizzante sarebbe davvero troppo assurdo. Soprattutto tenendo in considerazione che il ruolo di Presidente del Consiglio è mera moderazione ai dibattiti, e che Renzi si è dimesso da detto ruolo dal Dicembre del 2016.

Questa Legge non è stata richiesta dall’Unione Europea

L’Europa aveva stabilito con la direttiva 720/2015 che entro Dicembre 2017 tutte le buste di plastica per la spesa non sarebbero più potute essere distribuite a titolo gratuito dai supermercati. Tuttavia, il testo indica chiaramente che le buste ultraleggere, e quindi quelle per frutta e verdura, sono escluse da questa obbligatorietà.

L’Italia ha deciso di fare un passo avanti di propria iniziativa rispetto al resto dell’Unione con una decisione che gli altri Paesi non hanno ancora preso, imponendo il costo che, secondo l’Europa, dovrebbe scoraggiare l’abuso e gli sprechi dei sacchetti di plastica. Ricordiamoci che una situazione simile l’abbiamo già avuta nel 2011, e che ha visto nuovamente l’Italia come primo paese Europeo ad imporre l’uso di sacchetti biodegradabili.

E’ vero che i sacchetti di plastica sono biodegradabili solo al 40%?

Risposta breve: no. Sono biodegradabili ormai da tempo al 100%, e questa legge ha rinforzato il concetto scrivendo nero su bianco che le buste devono essere biodegradabili e compostabili al 100%, per essere destinate all’Umido.

Il famoso 40% è una cattiva interpretazione della percentuale obbligatoria di contenuto minimo di materia prima rinnovabile, ovvero la plastica riciclata usata per produrre la busta insieme alla plastica “nuova” recentemente prodotta. Nei prossimi anni vedremo questa percentuale salire, in previsione dell’aumento di materiale plastico riciclato, sufficiente quindi a sostituire una fetta maggiore di plastica prodotta direttamente dal petrolio (stesso concetto adottato per le Energie impiegate, tra combustibili fossili e rinnovabili, per la produzione di Energia Elettrica nel nostro Paese).

Tuttavia, le etichette di solito sono ancora non riciclabili. Pochissimi negozi fanno uso di etichette biodegradabili.

In attesa di una legge che imporrà la biodegradabilità anche alle etichette, esse vanno staccate prima di buttare la busta nell’Umido. Certamente è difficile non strappare la busta, che quindi non può trovare altri usi (è comunque difficile che regga molti rifiuti per la sua fragilità), ma non importa che la sbrandelliate se deve comunque essere disposta nell’Umido per il riciclaggio.

E’ vietato riutilizzare la stessa busta due volte

Il Ministero della Salute si è assicurato che in questa manovra fosse incluso il fatto che fosse vietato riutilizzare una busta usata per contenere frutta e verdura. Il motivo è prettamente igienico, una scelta atta a ridurre i rischi di contagio e frenare la diffusione di epidemie. Ovviamente non è fatto divieto di utilizzarlo in altri modi, come per il contenimento di rifiuti (e in luce di quanto detto nel punto precedente, vi auguriamo buona fortuna!).

L’ambiente “digerisce” facilmente queste buste

Per quanto esistano alcune plastiche biodegradabili che il mare o l’ambiente riescono ad assorbire facilmente senza produrre reale inquinamento, la quasi totalità della plastiche usate nelle buste, per quanto biodegradabili, richiedono una considerevole quantità di tempo per “dissolversi”. Esse infatti sono progettate per essere facilmente scomposte e riciclate o trasformate in compost tramite macchinari umani, non tanto per l’impatto ambientale diretto da parte di qualche maleducato.

Per cui, è bene riportare a casa le buste in ogni caso, e disporle correttamente nell’Umido (togliendo l’etichetta prima di buttarle). E teniamo conto che anche le plastiche che fanno i record di biodegradabilità nell’ambiente sono comunque pericolose per l’habitat e la flora/fauna, specialmente se soffoca un corallo o viene ingerito da tartarughe o il vostro cane decide di assaggiarla ricevendo in cambio un blocco intestinale. Una busta può viaggiare molto lontano con il vento o le correnti marine [vedi anche articolo sulle isole di plastica], per cui non bisogna dare per scontato che un luogo sia deserto e quindi giustificato l’abbandono della busta.

L.S.